Il sipario si apre

Tonino D’Orazio 8 marzo 2018.

Inizia il teatrino come da copione. Il risultato elettorale nel parlamento è esattamente quel che era stato previsto e vergognosamente già preannunciato. L’interessante non governabilità, oppure il “due contro uno” già stabilito. Anche se alcune schede del puzzle non sono proprio andate al loro posto. Ma era previsto comunque che il popolo sovrano non potesse uscire dalla gabbia nella quale è rinchiuso da una serie di leggi elettorali con spesse venature anticostituzionali che si susseguono da un buon ventennio.

Intanto la vittoria vera e popolare è del M5S. Quella “pompata” mediaticamente è della Lega, movimento notoriamente razzista con venature e alleanze dichiaratamente fasciste, vincitore su un programma retrogrado, in pratica contro gli immigrati e per l’armamento dei cittadini per la difesa personale. Secondo, il ritorno prepotente della “Questione meridionale”, quella specie di area di riserva tipo coloniale che si trascina dal 1861.

Il teatrino, come da copione, spinge sulla scena la responsabilità negata al M5S, con percentuali simili alla Dc di un tempo, di poter costituire un governo. Non hanno comunque i numeri, ed è tecnicamente quel che si prefiggeva la legge elettorale. Tutti rifiutano un’alleanza, sapendo le loro intenzioni radicali contro i privilegi e una nomenclatura politica inamovibile da alcuni decenni, ma il gioco sta nell’addossare loro la responsabilità dell’ingovernabilità. Anzi, nel sistema, molti sconfitti, perché i cittadini non li vogliono più, rientrano dalla finestra. Proprio i soliti noti.

Molto più probabile che una pattuglia del Pd, (o magari scissionisti), tipo Verdini a rovescio (si dice “rimandare l’ascensore”), vada a sostenere ufficialmente o meno, la coalizione di destra. Soprattutto perché questa coalizione ha tali contraddizioni nei programmi di ogni suo partecipante da risultare una ammucchiata alla meno peggio. Ma pur sempre al potere, malgrado lo scontro sulla leadership già in atto prima e dopo le elezioni tra Salvini e Berlusconi. Renzi a questo punto, pur di mantenere la solida amicizia funzionale da anni con Berlusconi “potrebbe” uscire dal Pd e costituire un suo partito, (o gruppo), per dare all’Italia un “governo stabile”, cioè inamovibile nella sua continuità anti popolo e classista. Governo ben ancorato a destra, come in tutta Europa, rendendo vane, queste sì, le affermazioni, diciamo sparate, anti-europee di Salvini.

Stupisce l’ipocrisia e il livore dei rappresentanti del Pd quando “minacciano” il M5S, sapendone l’impossibilità di governare, “visto che ha vinto” e sapendo che diventeranno probabilmente (o auspicandolo come “ago della bilancia”) loro stessi la stampella della coalizione di destra. Il 90% di quel che rimane degli iscritti “non vuole un’alleanza” con i 5Stelle. Allora cosa rimane? La tela di fondo della scena è già stampata. Tra l’altro succede in tutta Europa, tutti i governi di destra, di centro-destra o alleati ai socialisti europei sono diretti dalla troika di Bruxelles, populismi, nazionalismi o meno, tranne il piccolo e muto Portogallo.

Nel teatrino è prevista anche un’altra scena come piano B. Il governo tecnico del presidente, di deleteria memoria, inaugurata da quel tale Napolitano, che aprirebbe un siparietto degno delle migliori commedie. Il filo conduttore sarebbe che, poiché questa legge elettorale si è dimostrata inapplicabile e non risolutiva (ed è l’aspetto farsesco e vergognoso di quelli che l’hanno volutamente ideata), bisogna rifarne un’altra, in un frattempo che può durare parecchio, mentre l’equipe è sicuramente già pronta nelle segrete stanze, magari di Bruxelles, aspettando il garante bancario Draghi, in scadenza in ottobre. Ma la colpa deve ricadere su quei populisti del M5Stelle. Non penseranno di allearsi con la Lega, (unica maggioranza possibile) anche se hanno molti punti in comune!

Per il popolo italiano, passata la festa, gabbato il santo.

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