Samarcanda

Tonino D’Orazio 23 settembre 2022.

Il 17 settembre si è tenuto a Samarcanda l’incontro della Shanghai Cooperation Organization, che riunisce Russia, Cina, India, Pakistan, Iran, tutta una serie di Stati dell’Asia centrale e al quale la Turchia ha chiesto di aderire. Un incontro geostrategico che va oltre il quadro regionale con una vocazione alla cooperazione economica ma anche militare, è la punta di diamante della svolta della Russia verso l’Asia.

Samarcanda, il centro del vecchio mondo, è tornata a essere il centro del nuovo mondo in arrivo. La battaglia sarà dura. I paesi scompariranno dalla mappa e intere regioni del mondo saranno interessate. Questo è il prezzo da pagare per sbarazzarsi di un “sistema” imposto al mondo intero a beneficio di una minuscola minoranza che gestisce il mondo dietro le quinte. La lezione principale di Samarcanda è che gli “autocrati” asiatici ed eurasiatici hanno deciso di combattere contro i burattinai totalitari, guerrafondai e tirannici nascosti all’ombra di un finto teatro, la liberaldemocrazia. La globalizzazione alla fine era solo uno stratagemma di guerra che nascondeva un nuovo feudalesimo con nuovi signori, sovrani e una moltitudine di servi e altri lanzichenecchi da lavorare a piacimento in un sistema economico basato su valute fiduciarie (cioè carta straccia) manipolate e prodotte a piacimento dai potenti. Questa globalizzazione è stata infatti un’occidentalizzazione del mondo ed è abbastanza significativo che sia stata utilizzata come strumento per congelare il corso della storia con il trionfo definitivo dell’Impero e il congelamento del socialismo. L’unico problema è che la storia è sempre in movimento, verso il peggio secondo il principio universale dell’entropia, o verso il meglio secondo l’utopia nata dallo spirito umano che cerca di plasmare una realtà conforme all’idea, pensate ai valori umanitari dell’anarchia, ma la cui complessità intrinseca gli è sfuggito per almeno 8.000 anni.

A Samarcanda è emerso un nuovo mondo: il presidente russo Vladimir Putin è circondato dai capi di stato di quasi metà dell’umanità. Da notare la vicinanza del presidente turco Reçep Erdogan al suo omologo azero Ilham Aliyev, la presenza del presidente iraniano Raissi, il cui Paese ha aderito al Consiglio, quella del presidente bielorusso Lukashenko, del primo ministro pakistano, dei presidenti di Uzbekistan, Kirghizistan, Tagikistan, Kazakistan, Mongolia e il Primo Ministro indiano. Nella foto, tutti sorridenti, manca Xi Jinping, ma presente ufficialmente.

Anzi, il leader cinese Xi Jinping ha chiesto di affrontare le rivoluzioni colorate e altre forme di guerra ibrida rivolte ai governi di paesi classificati come ostili dalla paranoia delle potenze oceaniche. Per i cinesi, come precisa un edificante editoriale sull’argomento sul Global Times, l’Occidente collettivo è incapace di percepire il mondo al di là del suo prisma paranoico e competitivo. Tutto è percepito lì come rivalità, competizione e guerra e quindi come una minaccia da affrontare, e affrontare attraverso la guerra e lo scontro, come hanno sempre fatto. Per Vladimir Putin, le élite dell’Occidente collettivo sono così impantanate in una mentalità e persino in una filosofia coloniale che non sono in grado di vedere il mondo così com’è e continuano a vivere in un mito fallace e artificiale. Per il presidente russo, queste élite si sono abituate a vivere a spese degli altri e non possono immaginare un mondo che potrebbe funzionare diversamente. Questo blocco eurasiatico, ben lungi dall’essere unito, come dimostra il cronico risorgere dei conflitti di confine (Tagikistan-Kirghizistan, Cina-India), assomiglia a quello dell’Impero Mongolo nella sua fase di massima estensione. Riunisce quasi la metà dell’umanità, immense risorse energetiche e minerarie e un’altissima percentuale di terraferma sul pianeta. Converge nel rifiuto di un mondo unipolare che ha miseramente fallito e chiede l’emergere di un mondo multipolare e multilaterale lontano da ogni mentalità egemonica o totalitaria. Questo è Samarcanda oggi.

La guerra in Ucraina, solo una di una dozzina in preparazione, avrebbe potuto essere evitata senza ingerenze straniere con gli accordi di Minsk, ma la sua trasformazione in una pedina sacrificale della guerra mondiale ibrida per abbattere la Russia, obiettivo secondario, per preparare il terreno al confronto finale con la Cina, obiettivo primario, ha creato una situazione in cui ci sono pochissime opzioni per uscire dalla crisi senza un’alterazione significativa delle mappe geopolitiche. L’insediamento massiccio di tutti gli eserciti privati ​​del mondo in questo paese conferma la regressione del concetto di eserciti regolari nazionali e l’ascesa dei mercenari (nuovi lanzichenecchi). Gli eserciti nazionali sono di fatto sempre più inadatti a nuove forme di conflitto che comportano un uso crescente e veloce di quella che potrebbe essere definita guerriglia meccanotronica (droni kamikaze, droni terrestri, mine intelligenti e droni d’attacco).

A novembre avrà luogo il prossimo incontro del G20 in Indonesia, dove tutti gli atteggiamenti occidentali non hanno impedito a Vladimir Putin di essere invitato. Il 24 giugno si è tenuto un vertice BRICS in cui c’era anche Vladimir Putin, apparentemente trattato calorosamente dagli altri membri. Compreso il Brasile di Bolsonaro, che potrebbe presto essere sostituito da Lula, esplicitamente antiamericano, in occasione delle elezioni presidenziali di ottobre. Questa organizzazione, che riunisce paesi che attualmente rappresentano il 42% della popolazione mondiale, ha ribadito con fermezza il suo rifiuto del mondo unipolare voluto dagli Stati Uniti e sostenuto dall’UE. Da quella data, Messico, Argentina, Iran, Algeria, Turchia, Egitto, Arabia Saudita e Corea del Sud hanno espresso il desiderio di aderire. Alcuni paesi occidentali sono in fase elettorale, Svezia, Gran Bretagna, Italia e presto il “mid term” americano. Questo è per l’equilibrio di potere globale tra i due modelli, l’unipolare occidentale e il multipolare sostenuti insieme da Russia e Cina e pochi altri. È chiaro che la storia accelera quando le cose vanno così velocemente.

Il bel funerale solenne di Elisabetta II, maestoso e antiquato, si scontra con la notizia del grande sussulto della storia che stiamo vivendo. Ci si potrebbe chiedere se simbolicamente non fosse anche il dominio secolare dell’Occidente a essere sotterrato. Il resto sono note a piè di pagina nel grande libro di storia del mondo.

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