Europa, un caos che avanza.

Europa un caos che avanza

Tonino D’Orazio 31 ottobre 2016.

Se questa Unione funziona sulla competitività, e non solo economica, non cambia nulla del passato e prima o poi si viene alle mani. Speriamo sempre in senso figurato, ma a parole già ci siamo.

Alla 60° commemorazione della rivolta ungherese del ’56, tenutasi a Budapest, Viktor Orbàn ha tenuto a ribadire il sacrosanto valore degli stati nazionali nei confronti della globalizzazione imposta. “Noi non possiamo permettere che l’Europa tagli le nostre radici, le quali ci hanno reso grandi e ci hanno aiutato a sopravvivere alla repressione sovietica. Non c’è Europa senza stati nazionali e le migliaia di anni di saggezza dal cristianesimo”. Per Orban la UE e’ come l’URSS : “Tagliano le nostre radici”.

Il Parlamento ungherese ha approvato il pacchetto fiscale 2017, entra in vigore a gennaio, che include l’abbassamento al 5% dell’IVA su latte, uova e pollame e delle tariffe per i servizi Internet e di catering dal 27% al 18%. Le famiglie con almeno due figli a carico riceveranno un trattamento fiscale agevolato. I tagli dell’Iva permetteranno a 350mila famiglie il risparmio aggregato di 15 miliardi di fiorini. Sarà anche rimosso il limite di 30 milioni di fiorini sui beni a tassazione ridotta per gli investimenti delle PMI. Il taglio dell’Iva è reso possibile dall’ottimo andamento dell’economia ungherese da che è in carica il governo presieduto da Viktor Orban. Una vera prospettiva di crescita senza l’euro.

il 2 ottobre gli ungheresi hanno votato in un referendum nazionale. L’Ungheria, a differenza della Germania e le altre nazioni dell’Unione Europea, consente ai cittadini di esprimere le loro preferenze, sotto forma di un referendum. Orbàn ha già usato questo strumento in passato per essere sicuro di avere un forte sostegno popolare per le decisioni importanti.

I risultati del 2 ottobre, malgrado non sia stato raggiunto il quorum, hanno visto 3,204,000 elettori ungheresi andare alle urne nel referendum sui rifugiati. Di questi, un impressionante 95%, dei votanti hanno votato per il NO! No al piano di Bruxelles delle quote obbligatorie di rifugiati per gli stati nazionali. I discorsi di Viktor Orbàn chiedono di mettere fine alla causa dei flussi di rifugiati, vale a dire le guerre in Siria, in Medio Oriente e in Libia, e ha detto che l’UE dovrebbe concentrarsi su come aiutare i paesi in guerra alla pace e alla ricostruzione. Inoltre ha sfidato Bruxelles e ha messo in discussione il gioco dei rifugiati rispetto al futuro degli stati-nazione europei, con le loro chiamate “senza frontiere”. Bruxelles, invece, per voce del Pd Pittella, ritiene la mancanza del quorum un aspetto positivo, da mezzo bicchiere pieno. Non vi sarà quindi nessun segnale dai burocrati antidemocratici senza volto della UE.

In Polonia. Il governo di Varsavia ha respinto le raccomandazioni dell’Unione europea sulla tutela dello stato di diritto in Polonia perché ”non vede la possibilità legale di metterle in atto” dato che confliggono con la giovane costituzione polacca, per loro ancora preminente.

In Germania. Com’ è stato già ampiamente spiegato, per restare competitivi in un’ area valutaria che impedisce qualsiasi ipotesi di svalutazione del cambio, non resta altra via che realizzare una svalutazione interna, quella dei salari. Le riforme Haartz sul lavoro, applicate obbligatoriamente in jobs act in tutta l’Unione, hanno agito da volano della deflazione salariale. Sono circa sette milioni i tedeschi alle prese con i mini-jobs, categoria di impieghi con stipendi pari a circa 500 euro mensili nel migliore dei casi, che rappresentano una enorme massa oscura di sottoccupati in grado di ridurre artificialmente il tasso di disoccupazione (4,2%). Tuttavia il futuro per la Germania non è poi così roseo anche nell’ipotesi di un mantenimento in vita della moneta unica. La preoccupazione maggiore per l’economia tedesca viene dalla sua situazione demografica, alquanto preoccupante secondo gli esperti. l’invecchiamento della popolazione porta ad un aumento dei costi sociali per il sistema pensionistico e allo stesso tempo l’assenza di ricambio generazionale riduce la forza lavoro che versa il gettito fiscale nelle casse dello Stato. Tanto da spingere la Merkel ad accogliere, comunque fin’ora e alle prossime elezioni a parole, a braccia aperte un milione di siriani, con precedenza ai qualificati.

In Francia, soprattutto dopo il Jobs act francese (copia di quello italiano sempre all’avanguardia della restaurazione al 1930) deciso personalmente da Hollande (ne ha facoltà nel regime presidenzialista), quindi senza il parere del Parlamento, solo il 4% dei Francesi è soddisfatto di lui, il 96% lo “disprezza”. Lui pensa di ricandidarsi, come Sansone e i Filistei, per affondare definitivamente quel che rimane della sinistra francese e portando al ballottaggio la Le Pen e Juppé, con il capolavoro, già successo, di obbligare la sinistra a votare la destra per evitare l’estrema destra. Il sondaggio è dell’organismo di consulenza Ipsos-Sopra Steria e del centro per le ricerche di scienze politiche (CEVIPOF), pubblicato sul quotidiano conservatore Le Monde. (25.10.2016).

Nella notte tra lunedì 24 e martedì 25 ottobre centinaia di poliziotti in borghese sono tornati a manifestare per le strade di Parigi, a Place de l’Opera e in altre zone della capitale, incluso davanti alla statua di Giovanna d’Arco. In molti hanno intonato la marsigliese, inno della nazione. Alcuni di loro volevano protestare davanti al ministero della Giustizia, in Place Vendome, ma sono stati bloccati dai gendarmi. (Senza ironia! Alla borghesia conviene mantenere corpi separati, vedi un po’).

Vallonia, (Belgio francofono), e Ceta. Molti osservatori imputano la posizione della Vallonia a un semplice rigetto del libero scambio e della globalizzazione, tanto che la regione belga ha ricevuto l’appoggio indiretto del gruppo ecologista, e non solo, al Parlamento europeo. E’ vero solo in parte. Vi è dietro l’opposizione anche il timore che il trattato riduca nei fatti la sovranità nazionale, o la capacità delle autorità locali di difendere i propri interessi e la povera gente, e quando si è piccoli conta molto. Inevitabilmente, è così: un trattato internazionale (soprattutto questo) comporta una cessione di poteri, e in genere ai più forti. Il trattato, (e la firma del CETA), c’è stato e grazie ai Valloni sarà in fase sperimentale e ipotecato da una decisione del Tribunale europeo dell’Aia se contrario al Trattato di Lisbona, ma la vicenda lascerà sconcertati molti partner dell’Unione che a questo punto rifletteranno per bene prima di lanciarsi in negoziati commerciali il cui esito rischia di essere bloccato all’ultimo secondo, anche se da una regione abitata da 3,5 milioni di cittadini, meno dell’1% della popolazione totale dell’Unione. Ma lo scandalo vero è che la Vallonia è rimasta sola contro il trattato capestro, che non fa altro che legarci mani e piedi al nord America e farci diventare di fatto, ironia della storia, una loro colonia, magari sfamata a OGM e giuridicamente subalterna.

E poi ci sono i cosiddetti populismi, che dopo la fase acuta della crisi, coincisa con un’intera legislatura del Parlamento europeo (dal 2009 al 2014), il loro peso è quasi raddoppiato e oggi un parlamentare europeo su tre fa riferimento a forze politiche di matrice euroscettica o populista. Anche in quel parlamento il bipolarismo sembra finito. Alcune di queste forze sono al governo (come ad esempio in Grecia, Finlandia, Ungheria, Polonia) e, pur con tratti distinti, populismo ed euroscetticismo spesso si sovrappongono. Esistono partiti euroscettici ma non populisti (ad esempio in Spagna e in Finlandia) oppure populisti ma non euroscettici (ad esempio in Irlanda, Bulgaria e Repubblica Ceca). Ci sono Paesi in cui la loro presenza si avvicina al 50% dei consensi elettorali oppure lo supera: è il caso di Ungheria, Irlanda, Grecia, Bulgaria. Ciò che si può notare è che il grosso dell’Europa continentale è populista, a Est come a Ovest, e che negli ultimi anni si assiste ad una rapida e costante avanzata di populisti ed euroscettici praticamente in tutte le aree dell’unione europea.

Non serve demonizzare, rappresentano democraticamente milioni di individui e sicuramente qualcosa che non va. Non sarà il neoliberismo che li impoverisce per caso?

 

 

 

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