Affabulazioni e menzogne

Affabulazioni e menzogne
Tonino D’Orazio. 8 dicembre 2015.
Alcune perle di queste settimane. In fondo viaggiano tra il dire e il fare, l’incapacità di critica, anche in assenza di strumenti di controinformazione, e l’assuefazione popolar-credulona.
Durante la conferenza stampa al Cremlino, per un incontro con Putin, Hollande, tronfio sull’entusiasmo guerriero con i suoi quattro aerei, dopo aver detto con serietà che per Assad non vi sarà alcun futuro, (eco inglese e statunitense) ha precisato che la Siria avrà bisogno di elezioni e di una nuova costituzione. Magari anche di una piccola spartizione risarcitoria. È stato molto divertente pensando che qualcuno eventualmente, senza lesa maestà, lo dicesse anche per lui e la Francia. Purtroppo, culturalmente, molti ritengono impossibile anche pensarlo. Il meno peggio è sempre migliore del peggio. E’ il nostro lato debole da colonialisti affabulati di superiorità democratica. In realtà poi (quella vera) ci vengono scelti anche i nostri nemici.
Il mese scorso il segretario di Stato Usa John Kerry ha dichiarato senza mezzi termini in un’intervista al Financial Times che il vertice di Parigi, (in sigla COP21), Convegno sul disastrato clima del pianeta, non produrrà alcun accordo vincolante tra le grandi potenze. Abbiamo assistito quindi a una scenografia grandiosa e farsesca con a “capofila” (tutti i giornalisti hanno tenuto a precisare chi guida il mondo) della guerra all’inquinamento atmosferico proprio chi inquina di più. Obama e &. Mentre parlava a Parigi la sua Camera approvava due risoluzioni volte a bloccare i regolamenti per ridurre le emissioni di gas serra negli Stati Uniti. (Controllare per credere per favore). Gli Usa non hanno mai ratificato trattati vincolanti né sul clima, né sul diritto umanitario (Protocolli di Ginevra del 1977), né lo Statuto della Corte Penale Internazionale dove spediscono i loro “nemici” per farli condannare dagli amici, né tantomeno la Convenzione sul diritto del mare, ossia il trattato internazionale firmato da 164 paesi. Insieme ad Israele sono superiori a queste quisquiglie. Abbiamo visto la stretta di mano restia del premier cinese per il quale produzione e inquinamento sono fatali e necessari al “recupero storico di sviluppo” del suo paese, quando gli altri hanno “già fatto”. E poi “ha promesso”. I visi, i tentennamenti e gli sguardi dicono spesso più delle parole, riescono a mentire meno degli imput giornalistici a cosa e come dobbiamo pensare. Quindi non se ne farà niente. Anche gli altri passati vertici possono essere considerati falliti, visti i risultati veramente deludenti e come tutti abbiano aggirato gli impegni presi. Il libero mercato e lo sfruttamento del pianeta e degli esseri umani non accettano regole. Allora si organizzano per mentire grandiosamente e pomposamente. Solo le isole polinesiani rischiano, in un futuro prossimo, di sparire sott’acqua. Purtroppo non hanno petrolio. Le masse tornino a dormire e “sperare”, chissà cosa poi, “per il futuro dei loro figli”. L’irrazionalismo prolifera e dilaga a tutti i livelli.
Tito Boeri, noto renziano non a caso presidente dell’Inps, nonché terrorista delle pensioni future, ha dichiarato che i giovani, i famosi “nostri figli”, quelli che hanno 30 anni, dovranno lavorare almeno fino a 75 anni (per godersi poi due o tre anni di vita, visto come andrà a finire la sanità) per avere una pensione la metà, più o meno, di quelle attuali, che sono già grasso che cola. Il ministro del lavoro, il perito agrario, Poletti, già noto genio delle soluzioni patacche nell’applicazione del job act, ha dichiarato che l’ipotesi di Boeri avverrà “se tutto va bene” e se i giovani potranno lavorare in modo continuo, altrimenti … Nemmeno quello. Ha dichiarato anche (come tutti da 20 anni a questa parte) che farà di tutto per produrre lavori stabili, ma che al problema delle pensioni “non ci sono alternative”, (come d’altronde per tutto il resto. Ma come è diventato facile fare il ministro!); i giovani dovranno comunque continuare a versare i contributi, anche se a perdere. Anche perché non gli risulta che siano stati inventati sistemi migliori o alternativi. Anzi i cosiddetti imprenditori hanno già chiesto il blocco della flessibilità in uscita. Tanto a licenziare gli anziani prima dei 60 anni ci pensano loro. E perciò bisogna avere fiducia, speranza, e continuare a votarli.
C’è la ripresa … C’è la ripresa … C’è la ripresa … C’è un tambourine man che lo ripete tutti i giorni, a tutte le ore e dappertutto. Evidentemente affabulazione e menzogna non sempre funzionano tanto bene. I dati scientifici veri dicono che per tornare al livello del 2008 ci vorranno almeno 15 anni, e che, per una ripresa vera, ci vorrà un aumento di oltre il 3%/annuo del Pil. Matematicamente lo zero virgola qualcosa attuale (che sempre zero è se non diventa almeno uno) non fa che allontanare di decenni una eventuale ripresa. Indovinate a chi credere nel frattempo? Alla Confcommercio per le feste natalizie con regali obbligatori? In fondo anche i bambini, ed è giustissimo, sognano di diritto.
Un’altra perla è quella della fregatura data a tutto il Pubblico Impiego sull’abolizione delle tutele dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ormai a brandelli, sui licenziamenti ingiustificati. Avevano creduto, o magari sperato, che non toccasse anche a loro ma solo al settore privato. Continuano a credere che l’ideologia talebana sull’abolizione del settore pubblico a favore del privato in tutti i campi, iter iniziato a piccoli passi da almeno 20 anni, quella sull’abolizione della democrazia a favore dei “capi”, ormai Amministratori Delegati plenipotenziari con remunerazioni moltiplicate, con inequivocabili e roboanti dichiarazioni sulla bontà, anche se ormai fallimentari, delle privatizzazioni (cantilena: privato è meglio!) e sulla flessibilità del lavoro come libertà personale (ovvero precarietà), tutto questo non li riguardasse. Non hanno fatto caso a quel che è successo agli insegnanti pellegrini, e peregrinanti, della scuola, anello debole del settore pubblico, con forti torsioni privatistiche e con spazi (e soldi) sempre più aperti alle scuole confessionali.
Ma il vero problema, in questo fine anno, rimane quello ipotetico-religioso. Presepe sì, crocifisso no, musulmani sì, pagode o moschee no … Poi si dice che la cultura non dà da mangiare; è vero, però occupa e riempie tanto sia lo spirito che i giornali. Tocca salvare almeno tante illusioni esistenziali e codificate quando cibo e benessere per molti non ci sono più. (cfr dati sulla povertà nel nostro paese e il buonismo natalizio sciorinato dai consumi e dai media).
La speranza è il regalo più cattivo degli dei e delle religioni agli uomini. Inibisce qualsiasi azione reale e pragmatica aspettando Godot, nella sempre attesa “dell’uscita dal tunnel”, del “vedrai che andrà meglio” e dell’uomo risolutore e provvidenziale. Ma spesso anche di altro, tra sogno riparatore collettivo, o individuale, e difficile realtà. In fondo cos’è la realtà quando ce la possono costruire, presentare e infiocchettare? Basta crederci.
Alimentare devastanti e inutili speranze, purtroppo, non rientrano nella categoria “crimini di guerra” malgrado sia in atto, con grande evidenza, quella dei ricchi contro i poveri. Poveri volendo. Guerra scintillante però anche di sogni infingardamente proibiti, esposti in tutte le vetrine, anche elettroniche e mediatiche.
Invece della celebre frase del rivoluzionario, nel film “L’anno del Signore”, con la testa già nella ghigliottina: “buona notte, popolo!”, bisogna trovare quella che dice:”buon sogno, popolo”. Almeno fa più bon ton.

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