L’isteria culturale dei perdenti.

Tonino D’Orazio. 21 maggio 2018.

Per anni mi sono arroventato il cervello e il fegato davanti alle notizie economiche, culturali e politiche a favore dei governi di destra. Tutti i mass media, all’unison, a vantare i traguardi raggiunti, lo sviluppo del paese tra uno zero virgola e l’altro. Contemporaneamente aumentava la disoccupazione; la povertà e l’estrema povertà, (eh già perché conviene dividerla in spezzoni, fa bon ton scientifico!), sembrando solo freddi numeri; l’abbandono della scuola, dei giovani e la miseria dei pensionati resi colpevoli di mangiarsi il loro futuro; già milioni di nuovi emigrati che dissanguano il tessuto e le possibilità future; un’immigrazione disumanizzata e schiavizzata da “cooperative”. Un paese, l’Italia, ormai ultima in Europa, in tutto; un paese smembrato e divorato nella sua produttività da tedeschi, francesi, inglesi, americani, persino dagli spagnoli. Una Borsa al massimo dell’indice, che in un paese così ridotto non significa “investimenti” ma solo speculazioni. Una fuga di capitali oltre 700 miliardi di euro; un’evasione fiscale, tra speculazione, politica e stato e mafia che si sorreggono a vicenda e che viene valutata in centinaia di miliardi, (ma per valutare bisogna pur sapere dove sono!), con il dubbio che serva appositamente a mantenere in piedi quel minimo di reddito esistente in svariate regioni d’Italia. La sussistenza “al nero”.

Allora l’isteria culturale delle elite, (termine ormai da utilizzare in contrapposizione ai populisti), a voler mantenere questa situazione, è meravigliosa, appassionante. Finalmente posso divertirmi a vederli, tutti insieme, su tutte le reti, a opporre “resistenza” al cambiamento, a sperare che un presidente della Repubblica parlamentare italiana organizzi da solo un programma di continuità con i loro paletti e contro la volontà popolare al cambiamento. Scusatemi, ma è una goduria.

Non solo a vederli arrampicarsi sugli specchi, ma anche a citare oggi la Costituzione che volevano abolire ieri; le leggi internazionali che li hanno protetti nelle scorribande finanziarie e bancarie; in realtà il loro timore vero è che la ricreazione sia finita.

Non sono sicuro che il nuovo governo possa mettere in opera tutto il programma, ma le elite sono già sicure che Macron, Merkel e l’alcolizzato Junkers imperterriti, (forse tra i più odiati in Italia), riusciranno a difendere i loro privilegi in nome di una Unione che non esiste più e che aspetta con apprensione le elezioni europee del maggio prossimo. Una Unione talmente legata mani e piedi, per iscritto nello statuto di Lisbona, agli interessi della Nato, cioè americani, fino al suo annientamento politico, militare ed economico. Penso alle guerre attuate e alle auto-lesive sanzioni in corso verso gran parte del mondo che non ci ha fatto niente. Mondo che avanza, malgrado tutto, multipolare, rilegandoci a polo unico, sottomesso anche ai capricci di un pazzo democraticamente eletto che decide tutto anche per l’Unione, ma che garantisce le sue servili elite. Sia con il debito “pubblico” da speculazione bancaria sia con un euro diventato insostenibile per il dollaro e per l’Unione stessa e la sua frammentazione. Tra l’altro sono parecchi gli stati a doppia moneta o anche che non vogliono entrare pienamente nell’euro, nell’impoverimento strutturale del loro paese a vantaggio di uno solo, la Germania. Perché il risultato di questi ultimi vent’anni è, numeri alla mano, solo questo. Non è un caso che sia, per esempio, la Polonia ha rifiutare. La storia, anche recente, pensa per loro.

Allora, tutti a mettere ideali bastioni fra le ruote di un governo difficile, senz’altro, soprattutto prima che nasca, ma comunque con un forte consenso popolare. E’ forse strano tornare a un concetto nuovo che si è sviluppato: il basso contro l’alto, il popolo contro le elite. Nello stesso programma vi sono elementi di destra, di centro e di sinistra, secondo le vecchie nomenclature che rendono un futuro questa volta sì bipolare, visto vari partiti sconquassati e in frammentazione.

Una vera goduria vedere i vecchi soloni dei mass media in apprensione, nervosi e pronti a sopraffare chiunque nei loro dibattiti voglia difendere una posizione contraria all’andazzo solito. Allora escono piccoli veleni, battute infelici, rammarico di quel che si poteva fare, con la colpa evidente di una parte che ha governato e ore tradisce (la Lega) e anche di quelli che non hanno mai governato ma sicuramente sono “incapaci” e “inesperti”. “Il M5S ha abbandonato il Sud”. “Euro sì, euro no, allora che dite?”. L’immagine data, dalla quale non riescono ad uscire perché alla fine ci credono, è che siamo nel migliore e possibile paese d’Europa, “sì, con qualche problema“, e che qualsiasi cambiamento non potrà che portarci “al disastro”. Se gli “esperti” e i tecnici ci hanno condotto fin qui, possiamo immaginare dove ci porteranno gli “inesperti”! Una goduria, vi dico. Non si rendono più conto di quel dicono. Tutti hanno già visto il disastro futuro, sparano sulla Croce Rossa, e, mentre scrivo, il governo ancora non è nato, ma per la prima volta non è importante. Forse meglio il programma,e il team che il Capo.

Persino una certa sinistra, a cui evidentemente non è piaciuto il voto popolare, è avulsa: “Salvini-Di Maio è il governo più di destra che l’Italia abbia mai avuto. Un governo nazionalista, securitario, amico dei ricchi, e con tendenze autoritarie”. “Lega e Cinque Stelle dimenticano il Sud, le donne, e le diseguaglianze”. Non saprei, non ho letto tutto…

Insomma le elite hanno perso la seconda battaglia, (dopo il referendum contro la Costituzione), contro il popolo, ovviamente non la guerra. Se alcune tematiche del programma riescono ad andare avanti, parte della loro cultura neoliberista, cioè delle elite, rischia di scolorirsi. Per esempio il ritorno alla preponderanza dello Stato negli investimenti strutturali del paese tagliando sprechi e corruzione, (ponti, Tav, …), e magari meglio tappando i buchi e rifacendo le strade. Gli impegni contro i disastri geotermici e il futuro energetico. Investimenti per il rilancio della produzione, evidenziando la necessità di un piano industriale e portuale nazionale, e quindi un freno alla grande imprenditoria di fare e disfare. La “nazionalizzazione della banca MPS”, non fosse per riprendersi i soldi che i contribuenti italiani (il popolo, perché le elite evadono sempre), oltre che una struttura a sostegno della PMI che è la ricchezza del nostro paese, e la suddivisione delle banche tra finanziarie e commerciali, sono più che un granello di sabbia. Anzi, possono essere definiti “rivoluzionari” tanto quanto potranno cambiare le prospettive del mondo del lavoro, (anche a Sud). Tralascio pensioni, scuola, giustizia e sanità, dove qualche picconata arriva pur alle privatizzazioni e al funzionamento, ma al cui interno sono presenti molte richieste anche, per esempio, della Cgil su lavoro, pensioni, scuola, separazione della previdenza dall’assistenza e diritti riconquistabili.

Sono d’accordo con le elite quando ammettono che rimettere sui binari rotti e insabbiati, ma loro non ne hanno colpa, una locomotiva arrugginita non sarà facile. Altrimenti quali speranze potremmo ancora avere? Dovevamo per forza continuare così?

 

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