Libro bianco di Juncker e amici.

Libro bianco di Juncker e amici.

Tonino D’Orazio, 6 marzo 2017.

Le oligarchie dell’Unione Europea tentano di accelerare definitivamente la sua costruzione istituzionale. Dati i tempi e le premesse sembra più una fuga precipitosa in avanti proprio in un periodo di turbolenze popolari. Il Libro Bianco parte dalla premessa, senza sorridere, che, nella UE, 500 milioni di cittadini vivono liberi in una delle economie più prospere del mondo. Comunque certifica che mentre altre parti del mondo si espandono, la popolazione e il peso economico dell’Europa diminuiscono troppo rapidamente.

Il Libro bianco delinea cinque scenari, ognuno dei quali fornisce uno spaccato di quello che potrebbe essere lo stato dell’Unione da qui al 2025, a seconda delle scelte che l’Europa effettuerà.

Il primo scenario (“avanti così”) prevede semplicemente di proseguire sul percorso già tracciato e in atto. l’UE a 27 si concentra sull’attuazione del suo programma “positivo” di riforme, in linea con lo spirito degli orientamenti della Commissione. Non del Parlamento, ovviamente mai previsto.

Nel secondo scenario, (“solo mercato unico”), l’UE a 27 si rifocalizza progressivamente sul mercato unico, visto che i 27 Stati membri non riescono a trovare un terreno comune in un numero crescente di settori. Un ritorno indietro con alcune minacce sociali: i controlli periodici complicheranno l’attraversamento delle frontiere per motivi di lavoro o per turismo; sarà più difficile trovare lavoro all’estero e il trasferimento dei diritti pensionistici verso un altro Stato non sarà garantito; chi si ammalerà all’estero sarà costretto a pagare fatture mediche elevate, ecc … Dimenticate quello che di buono c’era, per esempio il Serpente Monetario Europeo, un equilibrio che garantiva un po’ tutti.

Il terzo scenario, molto caro alla Merkel, (“chi vuole di più fa di più”), cioè una UE a più velocità. L’UE a 27 continua secondo la linea attuale, ma consente agli Stati membri che lo desiderano di fare di più insieme in ambiti specifici come la difesa, la sicurezza interna o le questioni sociali. Emergeranno una o più “coalizioni di volenterosi”. Juncker sembra intrappolato in questo scenario che sposa di fatto il progetto dell’Europa a più velocità, evocato chiaramente di recente dalla Merkel e approvato qualche giorno fa da Germania e Francia con un comunicato congiunto, prima del Libro bianco e senza aspettare i risultati elettorali. (Per questo ha minacciato le dimissioni). Per oggi, lunedì 6 marzo è stato convocato da Hollande, a Versailles, un mini-vertice, tra Francia, Germania, Spagna e Italia. Non deve sfuggire l’atto di forza vista la preoccupazione degli altri paesi contrari, soprattutto ad Est. In base a questo scenario, entro il 2025:  15 Stati membri istituiranno un corpo di polizia unico e un corpo di magistrati per contrastare le attività criminali transfrontaliere; le informazioni sulla sicurezza saranno scambiate in tempo reale e le banche dati nazionali saranno completamente interconnesse; in quanto ai veicoli, 12 Stati membri hanno già concordato di armonizzare le norme sulla responsabilità civile e gli standard tecnici.

Il quarto scenario (“fare meno in modo più efficiente”) prevede di produrre risultati maggiori in tempi più rapidi in determinate aree politiche, tralasciando quelle a meno valore aggiunto, e con le risorse concentrate su un numero ristretto di settori. La Commissione è disposta a tirarsi indietro in alcuni campi, come le leggi sociali, quelle sulla salute, gli aiuti statali, dopo averli distrutti in tutti i paesi, in cambio di un vero potere su politiche comuni più forti, a cominciare dall’Europa della difesa, con un esercito europeo, sul controllo delle frontiere esterne, sulla gestione dei migranti (con un’Agenzia per l’asilo), sull’anti-terrorismo e sul commercio internazionale (vedi Ceta e TTIP). Mani libere. Anche per esempio la costituzione di una forte Autorità per le telecomunicazioni, la telefonia mobile e internet, ovunque i cittadini si trovino nell’UE. In verità le oligarchie intimorite attualmente dalla estesa democrazia informativa, vogliono tenere tutto sotto controllo, in nome della “sicurezza”, anche se alla fine risulterà sicuramente una ulteriore loro sconfitta.

Il quinto scenario, (“fare molto di più insieme”). Gli Stati membri decidono di condividere in misura maggiore poteri, risorse e processi decisionali in tutti gli ambiti. Le decisioni di livello europeo vengono concordate più velocemente e applicate rapidamente. Addio l’unanimità e vinca il più forte. Fine delle politiche di comunità o vicinanza; tutte le decisioni vengono accentrate nella Commissione e nelle sue Agenzie. E’ la fine dei Parlamenti nazionali e l’inizio (o la continuità) di un altro processo, cioè verso la costituzione degli Stati Uniti d’Europa, federale ma con poteri centrali esterni al Parlamento.

Non prevede un sesto scenario: la disintegrazione dell’UE, dovuta alla insostenibilità dell’euro e alla crescente “disubbidienza” popolare dei poveri, già oggi molto accentuata, a questa gestione disperata e vorace dei ricchi.

Che dire? Per chi ha buona memoria, nulla a che vedere con il Libro Bianco di Delors (1993) che poneva in primo piano lo sviluppo dei diritti sociali e del lavoro come crescita complessiva e armonizzata. “Scegliere la via di parlare ai cittadini delle loro preoccupazioni, la disoccupazione, l’avvenire dei proprio figli…è un esercizio di volontà” … “e se l’Europa si occupa di disoccupazione, questa costruzione europea riassumerà almeno in parte sembianze umane”. Ed anche puntare sul “capitale umano, la risorsa principale, e sulla superiore competitività rispetto agli altri paesi valorizzando congiuntamente il senso di responsabilità individuale e di responsabilità collettiva, elementi questi che caratterizzano quei valori di civiltà europea che vanno conservati e adattati al mondo di oggi e di domani”. Quanta facile ironia per lo stato attuale.

Altri tempi, quando i socialisti erano ancora socialisti e si idealizzava un po’ tutti il senso di Comunità. Quanta ipocrita retorica dovremo sopportare nel 60° del Trattato di Roma ricorrente quest’anno il 25 marzo! Adesso abbiamo di fronte solo maggiore “istituzionalizzazione” burocratica a carattere autoritario, il rafforzamento delle Agenzie e delle prerogative assolute di una Commissione, ricordo, non eletta da nessuno e che non deve rendere conto a nessuno. Ovviamente non si parla di rivedere il Trattato (chiesto da tutti i “populisti” europei) né di cedere potere al Parlamento Europeo eletto a suffragio universale e alla proporzionale.

Ovviamente il Libro propone una serie di commissioni di lavoro, anzi, se le parole hanno un senso, solo una “serie di documenti di riflessione”, su alcuni argomenti chiavi. Pur se sembrano mettere in primo piano lo specchietto delle allodole, il primo “gruppo tecnico” (!?) dovrebbe occuparsi dell’ulteriore “costruzione sociale”. Gli altri erano più che prevedibili nella loro continuità, visti i grandi risultati ottenuti.

Sullo sviluppo della dimensione sociale dell’Europa (poveri noi); sull’approfondimento dell’Unione economica e monetaria sulla base della relazione dei cinque presidenti del giugno 2015 (per cui tutto andava per il meglio “Madame la marquise”); sulla gestione della globalizzazione (ormai sfuggita di mano da anni. E’ come volere regolamentare il capitalismo senza contrasto. Tutto da ridere); sul futuro della difesa europea (richiesta di Trump e nuova Europa guerrafondaia, visto che “la migliore difesa è l’attacco”); sul futuro delle finanze dell’UE (che, visto che dipendono molto dall’incameramento della loro percentuale-quota Iva non possiamo che rallegrarci per il futuro).

Il libro è proprio bianco, anzi grigio pericoloso. Sembra far scegliere. In realtà tutto è già stato deciso, proprio oggi, a Versailles. Ma hanno fatto bene i conti? Almeno Gentiloni si è un po’ defilato, per il momento. Continua ad essere questa, alla meno peggio, l’Europa che vogliamo?

 

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