Il fallimento della governance europea

Tonino D’Orazio 13 marzo 2017.

Indipendentemente da chi, e come, sceglie questa Europa con passione, la situazione di crisi sembra essere sempre più evidente. Un gruppetto di paesi, intanto a quattro, e ironia della sorte tre sono mediterranei in difficoltà e un altro, la Germania, in cerca di assodare la sua area di dominio economico e politico, si “associano” contro gli altri. E cosa fanno i tre vituperati Pigs (ricordare …) mediterranei? Si affondano, con le pezze al sedere, in un progetto di fuga in avanti. Progetto che, in questa fase, richiederebbe maggior cautela, soprattutto perché il nord e l’est dell’Unione scalpitano. La Commissione a trazione tedesca gioca l’ultima carta e “tutela” i forti-deboli, ma soprattutto se stessa.

L’uscita della Gran Bretagna (Brexit), con toni sempre più severi per una separazione costosa e sgradevole, e la Grecia (Grexit) sempre più alle strette dall’essere “cacciata” se non continua, a morte, il principio dell’austerità, (se non fosse che rimane ancora qualcosa da spolpare l’avrebbero già fatto),sono la dimostrazione della degenerazione e di un vero fallimento di quel che si voleva fare dell’Europa e di quel che rimane dell’Unione.

La Comunità era una associazione volontaria di paesi i cui governi avevano cercato di assicurare la pace e la cooperazione. Gli attuali leader invece, Commissione in testa, sembrano voler vendicarsi di qualsiasi governo che vuole “lasciare” o che metta in discussione il malgoverno attuale, l’ideologia attuale, tra l’altro sancito da un buffo, e al dunque deludente, Trattato dell’Unione. E che si fa? Un gruppetto dei “forti”, tra cui l’Italia, batte chiodo? Stringe il laccio? Continua imperterrito sulla stessa strada? La Germania non vuole “sbattere” da sola? (Dicitura di molti economisti mondiali Nobel compresi).

E’ un Trattato buffo per la democrazia, e dà ragione a chi non lo voleva in questi termini, perché spostava i processi democratici dal Parlamento Europeo eletto, a una Commissione non rappresentativa e “non eletta da nessuno”.Tra l’altro con una immaginazione veramente limitata, pensando che tutti, economicamente sotto strozzinaggio bancario, avrebbero potuto pagare il debito pubblico in questo modo irrealizzabile. Draghi e la BCE cominciano a rendersene conto con qualche finta “apertura”,(“si potrebbe anche uscire dall’euro”, pagando! Con cosa, magari rendendo la carta stampata euro ricevuta?), ma tant’è, chi ha avuto ha avuto e non possono tornare indietro. Non è l’idea di avere l’euro in comune che manca, è la sua gestione speculativa contro i popoli e i milioni di poveri dell’Unione. Che prima o poi, se la storia è la storia,qualcosa pur diranno in qualche modo.

Tra l’altro i governi nazionali non detengono più il potere formale di determinare le politiche economiche che riguardano i loro cittadini, soprattutto nella zona euro, con vincoli discutibili in merito ai valori che dovrebbe avere la Comunità nata e sperata per 60 anni meno gli ultimi 20. Questo è uno degli elementi maggiori che minano la fiducia dei cittadini, in tutta Europa. Le elezioni appena passate e le prossime rappresentano solo questo, contro una governance ingessata e fortemente prepotente, se non strafottente. Se pensiamo solamente al trattamento sadico verso una Grecia, che in fondo rappresenta solo 1% del Pil dell’Unione, la sensazione popolare in tutta Europa è stata molto emotiva sul tono minaccioso della Commissione o la banda dei “5 presidenti”. Potrebbe succedere a tutti.

Si intravvede in questa governance Commissariale come non siano i rappresentanti eletti a determinare le politiche, ma una forma ristretta di “responsabilità democratica” del Trattato. Da qui le minacce, notate sempre di più in questi ultimi anni, contro gli stati che utilizzerebbero i referendum contro le loro imposizioni, dopo aver già fatto modificare quasi tutte le Costituzioni nazionali. Minacce ridicole che rinsaldano il risentimento popolare montante, suffragate da una disuguaglianza sociale evidente e da un fallimento complessivo. Ognuno può personalmente verificare dove si trova, negli ideali e verso il futuro.

Dal punto di vista della democrazia i poteri concessi alla Commissione sono estremamente problematici. Essa “impone” le procedure per gli squilibri macroeconomici di un paese utilizzando i governi e i piani di azione correttivi che ritiene opportuno, indipendentemente da tutto, in nome delle “regole” da loro stessi stabilite. Anzi, quando parla di “coordinamento delle politiche fiscali ed economiche”, mai attuate, sembra considerarle un problema apolitico. Negli errori drammatici commessi in questi anni, sia sul sociale che sull’economico, sembra non debba pagare nessuno. E così è, la Commissione non è sanzionabile da nessuno, nemmeno politicamente. Non ha bisogno dell’approvazione dei parlamenti nazionali. Però, è poco, ma si fa strada la sanzione “morale” di un Europa che storicamente si è costruita “sul sociale” e sulle lotte del mondo del lavoro.

Forse la sanzione arriverà dalle varie tornate elettorali nazionali. Sui 60 anni di Europa si spera di tornare insieme alla casella 40, ai concetti di Comunità e armonizzazione dei popoli che non può che essere la pace e  la redistribuzione della ricchezza. Può essere l’unico obiettivo credibile anche della sinistra europea se vuole sopravvivere. All’orizzonte non c’è nulla di questo. Per la pace rischiamo addirittura di costruire un esercito europeo anti Russia. La Germania, dopo due guerre micidiali, non ha ancora imparato la lezione. Per la redistribuzione forse basta non dare al sistema bancario quello che non gli è dovuto, in ringraziamento del “furto” complessivo della ricchezza dei propri paesi. Le banche sembrano ancora presi dalla ludopatia borsistica e speculativa e non riescono a smettere di giocare con i nostri soldi.

Se questa governance doveva ottenere l’abolizione dei diritti del mondo del lavoro, affamare il popolo e ridurlo in individui necessitosi, alleggerire gli stati delle loro risorse sul sociale (sanità, previdenza, pensioni, educazione …); sulle infrastrutture (strade, comunicazioni, telefonia …) e spostarle in privatizzazioni arricchendo i “pochi” amici; rendere i beni comuni, acqua compresa, merci, concetto identico per la forza lavoro, si può dire allora che la Commissione non ha assolutamente fallito nel suo impegno e nel suo programma.

 

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