Il Portogallo e la paura del voto.

Il Portogallo e la paura del voto.
Tonino D’Orazio 12 ottobre 2015.
Un po’ simile a quella greca delle ultime elezioni, ma senza un minimo tentativo di riscatto o di protesta. Forse per questo è calato un silenzio impressionante sulle elezioni portoghesi della scorsa settimana. Seppure attese a sinistra con curiosità, possibile che non abbia interessato quasi nessuno?
Possibile che i portoghesi abbiano rieletto gran parte dei loro aguzzini dell’austerità senza combatterla e ritenendola giusta e giustificata? E’ vero che l’astensione è stata, come in tutta Europa ormai, di un elettore su due, ma la riconferma di una destra forte pone qualche quesito soprattutto ai socialisti portoghesi. Forse è la dimostrazione che i portoghesi preferiscono un governo originale e non la fotocopia del neoliberismo. Cioè una situazione in fondo più chiara.
Tanto è che la promessa di “stabilità”, campagna elettorale dalla destra, contro “l’incertezza” di un eventuale partito socialista al potere, comunque non contro la troika, (occhio a Syriza) ha permesso a P.P.Coelho di mantenere e recuperare voti negli ultimi giorni, anche nei vari sondaggi.
Eppure la destra non ha la maggioranza assoluta nel Parlamento (104 su 230 seggi) e i socialisti, se volessero, (ma facendo parte del PSE non sono “autorizzati”, saranno obbligati a un sodalizio da “Grosse koalitionen”), disponendo di 85 seggi, potrebbero avanzare una proposta di alleanza con la Coalizione Democratica Unitaria (Comunisti e Verdi) con 17 seggi (8,3% dei voti, + 7 parlamentari) e il Blocco della Sinistra, l’equivalente di Syriza, con 19 seggi (10,2 % dei suffragi,+ 11 parlamentari).
Pedro Passos Coelho, presidente del consiglio uscente si è detto “soddisfatto per il lavoro compiuto”, cioè di aver applicato alla lettera il programma di austerità della troika di Bruxelles. Anche lui cerca di vantare una ripresa quasi inesistente, truccando i dati, come da noi in Italia. L’indicazione è che la ripresa potenziale è al disotto dell’1%. Cioè potenzialmente il niente. Era l’indicazione pre-elettorale.
In quattro anni le tasse sono praticamente raddoppiate, c’è stata la solita sforbiciata orizzontale dei lavoratori del pubblico impiego, una serie di pesanti privatizzazioni, e un quinto dei lavoratori percepisce solo il salario minimo, 505€, il più basso dell’Europa e inferiore al livello del 1974, anno della “Rivoluzione dei garofani” che cacciò il dittatore Salazar. Disoccupazione al 17% e circa 450.000 portoghesi emigrati (su 10 milioni di abitanti).
Rimane comunque misterioso il meccanismo per cui i cittadini votino e rivotino i loro aguzzini. La stessa cosa è successa in Gran Bretagna a maggio. Alla fine, hanno preferito Cameron, pur avendo quest’ultimo aggravato la disperazione sociale di una guerra dei ricchi milionari contro i poveri. In fondo anche in Grecia dove un referendum vinto al 63% contro l’austerità viene ribaltato da elezioni che confermano gli stessi, Syriza e Tsipras, alla guida, in fondo, di una maggiore austerità. In Portogallo la destra (partito social-democratico) di Coelho ha mancato di poco la maggioranza assoluta.
Sicuri che aspettiamo qualcosa di nuovo dalle prossime elezioni spagnole? Certo che quando si propone un cambiamento vero, quindi radicale per forza, esempio l’indipendenza (Scozia, Catalogna) o dall’Euro,(Irlanda, Grecia …), la maggioranza del popolo sembra preferire la conservazione, lo statu quo, il masochismo dell’austerità (o della povertà se preferite), per quanto disastroso e alla lunga coscientemente e definitivamente “mortale”.
Abbiamo imparato, anche se l’ideologia delle responsabilità dei popoli e delle masse è andata scemando, che si governa ormai, dall’11 settembre nord americano in poi, con la paura e la guerra. Ancora oggi debitamente alimentate, ma sempre più vicine all’Europa. Da noi, la DC, e non solo, è rimasta al potere servile e filo americano per decenni con le cosiddette “stragi di stato” , che arrivavano in modo opportuno e puntuali appena c’era qualche possibilità che non rimanesse più al governo. Stay Behind, Cia, servizi deviati, neofascisti, Brigate Rosse ben manipolate, assassinii politici necessari … Cioè la possibilità che gli americani non ci governassero più per i propri interessi. Ma è anche successo dal dopoguerra in poi a decine di paesi. Conosciamo anche in dettaglio, ce lo ha ripetuto spesso lui stesso, la teoria e la pratica cinica di Kissinger, con l’ingerenza a “tutti i costi”. Al totale di più di mezzo secolo il costo può essere commisurato in milioni di morti, una vera ecatombe da genocidio organizzato.
La strage di Ankara arriva puntuale, con il suo carico di paura, di confusione e di manipolazione informativa, a 15 giorni dalle elezioni turche, rinviate perché il fascista Erdogan, il migliore alleato della Nato e quindi nostro, non ha avuto ultimamente la maggioranza assoluta in parlamento e non riesce a trafficare come Renzie per i pieni poteri in una “democrazia assolutista e rinnovata”.
Brutta piega ideale per quelli che si riempiono la bocca con la “grande democrazia” nord americana, compresa la nostra che gli si avvicina sempre di più, di esportazione con le bombe alla mano. A guardare bene non fanno altro che sostenere, con questo principio diventato ipocrita, dittatori, golpisti e fascisti. La feccia anti democratica, guerrafondaia e criminale del mondo intero.
La paura del Portogallo è quella di chi vota e anche quella di chi al voto non ci va più, con un concetto nuovo, tanto vero quando i governi sono contro il proprio popolo, perché non serve. Hanno vinto gli spaventatori. A meno che il proverbio, chi lascia la strada vecchia per quella nuova sa quello che lascia (magari anche la miseria) ma non sa quello che trova, sia veramente così culturalmente ancorato nella cultura popolare, e in genere conservatrice del possesso di poche cose, da essere assolutamente decisivo nella libertà di scelta.

Precedente Finalmente in guerra. Diamine. Successivo Il futuro di Italia contro Germania