Grecia PSE Tsipras Troika

Grecia, PSE, Tpsiras e Troika
Tonino D’Orazio, 27 maggio 2015.
Sempre di Troika si tratta, anche se si nascondono sotto la denominazione Gruppo di Bruxelles. Vi propongo, in sintesi, il lungo documento redatto per il PSE&Dem dal loro centro studi. Sono più i drammatici problemi che le possibili positive soluzioni. Dal punto di vista economico, ma non politico.
Se:
La Grecia è stata dichiarata definitivamente fallita alla fine di aprile. L’Unione europea e la Germania – che insiste ottusamente su questo tema – avrebbero almeno tre problemi enormi:
a) Non c’è alcuna procedura di insolvenza concordata per gli stati. Cosa si fa se illegalità e disordini sociali scoppiano in Grecia? (Si usa la forza?)
b) Non vi sono procedure previste e condivise per un uscita dall’euro; in linea di principio, per motivi politici, questo non è mai stato previsto. Come potrebbe l’Eurogruppo o la Troika di Bruxelles gestire una Grecia insolvente? – Può essere costretta la Grecia a lasciare l’Unione?
c) E cosa succede all’euro dopo? Diventerà la zona euro ridotta praticamente ad un’unione monetaria alla quale si può aderire o lasciare? Quale paese potrebbe essere il prossimo sul radar degli speculatori? Ci sarebbe un avvenire senza alcun impatto sul mercato unico europeo?

Il seguente programma, proposto dal centro studi del PSE&Dem e ben visto tra l’altro dal sindacato tedesco DGB e dalla SPD, (ma che però non lo sosterrà fino in fondo se si dovesse preannunciare una rottura possibile della Große Koalition governativa), programma di buon senso in 10 punti che potrebbe essere utilizzato come base per un accordo:
1-Dichiarare una moratoria sul rimborso del debito pubblico (a parte la BCE). Il debito della Grecia non viene revocato, ma il rimborso comincia seriamente solo quando la crescita in Grecia lo rende possibile senza causare ulteriori danni economici.
2- Questo potrebbe essere sottoscritto in dettaglio in un ulteriore accordo che definisca una soglia di crescita per il rimborso iniziale. I tassi di interesse per la Grecia si ridurrebbero ancora in un terzo pacchetto di aiuti.
3- Una strategia precisa per la raccolta delle tasse. L’Agenzia fiscale investigativa, saccheggiata e privatizzata dai conservatori andrebbe ripristinato per permettere di andare avanti con il lavoro come meglio credono. I funzionari fiscali dovrebbe sostituire i civili in questo lavoro di monitoraggio e attuare la proposte del’ex capo dell’amministrazione fiscale pubblica.
4- Mettere insieme misure concrete di lotta contro la corruzione con l’aiuto, ad esempio, del gruppo greco di Transparency International.
5- Vengono redatti e fissati nel tempo, all’interno di un calendario realistico, le riforme amministrative, e in particolare l’istituzione di un catasto.
6- L’UE aiuta la Grecia con gli investimenti che favoriscono la rapida rimozione della disoccupazione. Si fa già lo stesso per gli altri paesi in difficoltà dell’Unione Europea.
7- Le tasse di proprietà vengono riconsiderate in un modo più redistributivo per alleviare l’onere sulla classe media e lavorativa.
8- Il salario minimo deve essere almeno leggermente aumentato, anche per il rilancio dei consumi e delle tasse indirette.
9- L’OCSE deve aiutare il governo greco per l’attuazione di queste misure promesse. Garantisce la trasparenza nel bilancio e il processo decisionale economico della Grecia. Fornisce una piattaforma per programmi ulteriormente definiti.
10- Le condizioni in materia di privatizzazioni vengono sviluppate congiuntamente per tenere conto dei beni pubblici, dei posti di lavoro e della situazione attuale del mercato.

Insomma, gli strozzini tarderanno a riprendere i loro soldi, banche, Bce e FMI in testa, ma se la mucca sopravvive potranno anche continuare a mungere.
Le tematiche risolutive sembrano tecniche economiche-amministrative ma con alcuni accenni politici sulla libertà di decisione, anche se condizionata, del governo greco.
Allora perché non va avanti un processo così ragionevole? Ma semplicemente perché la guerra delle banche ai popoli si svolge su un altro terreno, quello ideologico e imperiale, di schiavizzarli indebitandoli. Quello di diventare padroni unici del denaro e del suo utilizzo (questo sta avvenendo anche in Italia a guardar bene). Con questo stesso denaro acquisire tutti i “pezzi” economico-finanziari dello stato con le “liberalizzazioni” (per i raffinati) ossia le privatizzazioni. Anche questo in atto in tutta Europa. Riportare indietro nel tempo, il più lontano possibile, i diritti acquisiti dai lavoratori. Diritti democratici che intralciano i padri padroni. Anche questo in tutta Europa. Altrimenti perché, se per fare funzionare lo Stato, Varoufakis ha fatto riassumere 400 lavoratori del servizio pubblico e la Troika si è arrabbiata tanto? Perché insiste sulla vendita del porto del Pireo addirittura ai cinesi, avversari economici temibili, però aggiornati al libero mercato mondiale? Perché si arrabbia tanto se gli aiuti alla Grecia possono provenire dalla Russia (anche tramite la costruzione del gasdotto, che poi ci raggiungerebbe, invece di costruirlo risalendo i Balcani e portandolo nell’Europa Centro-Est scavalcando l’Ukraina), o presto dalla Nuova Banca di Sviluppo dei Brics, operativa dai primi di luglio?
In fondo la proposta del Pse&Dem non è alternativa al concetto e all’opera in atto, anche se ammantata da buon senso, serve soltanto a dilazionare le ipotesi politiche della Troika nel tempo, aspettando di vedere cosa può succedere ad altri paesi. Anche la Grecia ha bisogno di tempo. Il problema dell’uscita non sembra più solo la Grextit, ma anche Brexit a causa del referendum sull’uscita dall’UE promesso da Cameron e dalla regina (la Deutch Bank, in previsione ha annunciato un eventuale piano di chiusura delle sue filiali in GB), la Spexit, la Potexit e l’Irexit. A catena se passa l’una. Non si salva nemmeno la Francia di destra-centro-sinistra attuale.

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