Dollaro yuan e oro

Dollaro  yuan e oro

Tonino D’Orazio, 26 aprile 2016

Da quando Kissinger costruì l’accordo globale del petro-dollaro con l’Arabia Saudita e l’OPEP, nel 1973, il dollaro statunitense è rimasto l’unica valuta di riserva mondiale per quasi 50 anni. Dal 9 giugno 2015 il regno monetario sta traballando, poiché il gigante petrolifero russo Gazprom vende ufficialmente tutto il petrolio e il gas in yuan e in rubli, facendo di fatto del petro-yuan una riserva mondiale comune. La Cina e la Russia, sostenuti dagli altri paesi del Brics, hanno concluso un accordo su un paniere equilibrato e condiviso di valute in funzione dell’oro (Gold Standard) da utilizzare al posto del dollaro.

In realtà le stupide e auto lesive sanzioni occidentali hanno portato ad una maggiore utilizzazione della moneta cinese da parte dei russi e delle loro società. Tra l’altro la Cina e la Russia stanno liquidando la loro massa di riserva in dollari verso l’Arabia Saudita (ma anche verso gli altri paesi aderenti all’OPEP) che per la prima volta dopo due decenni, a causa della sua politica petrolifera suicida, ha estrema necessita di valuta americana. Si sta creando  un scénario dove anche altri paesi iniziano a de-dollarizzarsi e a non avere bisogno del dollaro per acquistare energia o impegnarsi in commerci bilaterali. E’ la situazione in atto tra la Russia e la Cina che hanno convenuto che tutti i loro scambi avverranno con rubli e yuan. E’ iniziata la « guerra » per il controllo della prossima valuta di riserva mondiale.

Due mesi fa anche l’Iran, appena abolite le sanzioni statunitensi, ha annunciato che non venderà più il suo petrolio in dollari, ma, intanto, in euro, in modo da non alienarsi subito l’Unione Europea, introducendo l’evidente contrasto politico-economico con la valuta statunitense.

Con un accordo firmato domenica la Banca Nazionale Cinese e la Banca Centrale del Nigeria hanno deciso la libera circolazione della valuta cinese nell’economia nigeriana, includendo quindi lo yuan (detto anche RMB, oppure renminbi) nelle sue riserve in valuta, creando uno scenario dove anche altri paesi produttori di petrolio dovranno avvicinarsi.

Anche nell’accordo in corso tra Cina e Corea del Sud, al fine di ridurre l’impatto negativo (ma pilotato) del fluttuare dei tassi di cambio con il dollaro (gestito unilateralmente dagli anglo-americani), i due paesi hanno concluso di utilizzare le loro valute nazionali negli scambi bilaterali.

Un accordo è stato siglato lo scorso anno tra la repubblica del Mali (quasi protettorato francese) e la Cina, con una promessa di finanziamento globale di 55.000 miliardi di FCFA (10 miliardi di euro) utilizzando anche lo yuan. Finanziamento sotto forma di prestito o convenzioni in cui la Cina dovrebbe sostenere il Mali per la realizzazione di infrastrutture strategiche nei trasporti, energia, agricoltura, miniere e tecnologia. I cinesi hanno ottenuto di costruire la ferrovia Bamako-Konakry (990 km) e rinnovare la Bamako-Dakar (600 km in Senegal e 644 in Mali). Chiunque è stato qualche volta in Africa avrà pur notato la presenza predominante dei prodotti cinesi in tutti i rami del mercato, fin nel commercio locale di villaggi sperduti.

Rimane da scovare la reazione e i comportamenti della Germania, paese fortemente presente per i maggiori e elevati scambi europei con la Cina, per commercio e prodotti, e la Russia per il pagamento del gas di Gazprom. Secondo molti analisti sarebbe il primo paese a sganciarsi dall’euro e dal dollaro, checché se ne dica. La Germania ha come governo una vera statista, volente o nolente, che noi non abbiamo da anni, cioè la Merkel, capace di pensare in grande per il futuro del proprio paese. L’euro dà fastidio agli statunitensi perché è comunque una forte valuta di scambio e di riserva, pur gestendone loro il sali-scendi a secondo dei loro interessi, ma lo sviluppo mondiale è a est.

L’altro elemento è la reintroduzione dell’oro come punto di riferimento delle valute.

Visto che il mercato dei metalli preziosi è risultato truccato sin dall’inizio. La Deutsche Bank, la Banca New Scotland, la Barkleys Bank, la USBC, la Société Générale, l’USB, e altre banche occidentali più importanti sono state accusate di manipolare i prezzi dell’oro e dell’argento, sia sui mercati a termine che sulle opzioni e altri derivati, da parecchi anni. Il 14 aprile la Deutsche Bank ha ammesso di essere implicata in una cordata con altri membri del cartello e ha accettato di citare i nomi alla Corte Federale degli Stati Uniti. Sono un altro colpo duro alla credibilità delle banche.

Tanto che Cina e Russia si preparano ad esigere pubblicamente dagli Usa la prova che possiedono realmente la dichiarata riserva di 8.133 tonnellate d’oro che servono fittiziamente oggi alla copertura minima del dollaro carta straccia. L’esperto del governo statunitense per le questioni Steve Quayle ha ricordato che sia la Cina che la Russia detengono fisicamente una enorme riserva di oro, più di tutti gli altri al mondo. Alcuni paesi europei, come la Germania e la Svizzera, avevano chiesto da tempo di rimpatriare il loro oro, ma la domanda fu rigettata, e ottennero solo una piccola parte simbolica. Quayle arriva alla conclusione che nella Federal Reserve non ce ne sia, e testualmente:”Nessun oro sarà mai rimpatriato. Nessun paese recupererà in oro ciò che ha investito negli Usa, anche se i contratti menzionano ‘riserva in oro’”. Mi viene il dubbio che gli F-35 siano già stati tutti pagati.

L’ex Sottosegretario al Tesoro degli Stati Uniti, Paul Craig Roberts, reganiano di ferro, affermava, nel giugno 2014, che tutta la riserva d’oro degli USA, compreso quello di altri paesi, era finito. “Gli Stati Uniti non hanno oro e non possono distribuirlo, per questo hanno obbligato la Germania ad un accordo e smettere di chiedere il suo oro visto che non possono darglielo,” così ha spiegato Craig Roberts la strana situazione del rientro dell’oro tedesco (1.500 T) dall’America mai riavuto. La Merkel ha fatto finta di niente, cioè che, se ci sono, i lingotti sono “al sicuro” negli Stati Uniti, tacitando forti proteste interne.

L’esperto Quayle suggerisce infine che il mercato alternativo, come lo Shanghai Gold Exange cinese (inaugurato il 9 aprile) comincia ad essere veramente interessante per gli investitori stranieri, se non gli stati, e a diventare una nuova “era dell’oro”, sicuramente in mani più sicure perché partecipate.

Anche in questo mercato il prezzo dell’oro sarà determinato in yuan facendo si che la Cina diventi uno dei paesi che possono fissare il prezzo dell’oro nel mondo. Oggi, questo potere è 80%nelle mani di Londra e New York. Il gran cambiamento sta nel fatto che i cinesi utilizzeranno lo yuan per comperare e vendere oro al posto del dollaro.

I dieci paesi con più riserva in oro sono Stati Uniti (8.100T; 75%, dicono e sconfessano, per riserva valutaria); Germania (3.395T, 72% riserva); Italia (2.452T; 72%); Francia (2.435T;71%); Cina (1.154T;1,7%); Svizzera (1.040T;11,5%); Russia (937T;9,6%); Giappone (765T;3,2%); Paesi Bassi (612T;60%); India (558T;10%). Ma l’Eurozona ne ha 10.800 di tonnellate, equivalenti a 72% di riserva monetaria.

Il mondo intero a motivi in comune per togliere il re dollaro e inserire il metro-oro per una equità e stabilità mondiale. Ma tutto questo preclude a una guerra vera. Difficile detronizzare un re così armato e convinto di avere il diritto divino di estendere il suo impero sul mondo, senza danni collaterali. Potrebbe essere anche una Europa paralizzata e in standby la moneta di scambio.

Precedente Un nuovo maggio 68. Successivo La mia Europa