Un 2017 inquieto.

Un 2017 inquieto

Tonino D’Orazio 11 gennaio 2017.

L’arrivo alla presidenza degli Stati Uniti di Trump sta mostrando l’asprezza del dibattito politico in corso, che, per quel che rappresenta quel paese, diventa per forza mondiale. Obama, nelle sue ultime settimane, sta mostrando come impiantare ingenuamente mine  ritardate sul tragitto del successore. L’establishment finanziario neoliberista, profondamente legato ai democratici, non si fida di un miliardario che “si è fatto da solo” e ha minacciato più volte di ripulire la corruzione profonda di Wall Street e della borsa di New York. E’ in corso una inquietante “muoia Sansone con tutti i filistei”, con alti dirigenti che si dimettono prima di essere mandati via, non senza lasciare qualche strascico di veleno. Tanti sassolini, l’aumento dei tassi di interessi della Fed, quasi zero nell’era Obama, che porterà “turbolenze” sui mercati internazionali; alcuni prigionieri di Guantanamo spostati negli ultimi giorni del mandato; intervento della Fed; crisi della Cia e della Nsa; cacciata di 35 diplomatici russi pur di dare peso all’informativa sull’ackeraggio durante le elezioni, far planare il concetto e il sospetto di falso risultato ed innescare divisioni future in eventuali “buoni rapporti con la Russia”. Molti credono che sia tutta una farsa montata ad arte dall’amministrazione Obama e lo stesso New York Time ammette (6 gennaio) che “veramente non vi sono prove inconfutabili”. Lo stesso direttore del Fbi J.R.Clapper, forse per salvare la pelle, dichiara: “non ci sono prove contro Mosca” (10 gennaio). Sarebbe allora un ultimo colpo di coda. Non si tratta di difendere Trump ma di verificare che se tutti questi sassolini fossero ingenui sarebbe veramente imbarazzante e inquietante nel metodo e nella sostanza. Tanto, per il resto del mondo, nulla cambierà poiché lo slogan “L’america prima di tutto” suggerisce la continuità politica e storica. Si tratta forse di vedere se sarà più o meno brutale, dato il personaggio imprevedibile, e in che modo.

Hackeraggio delle elezioni americane e guerra cibernetica? La tecnica è sempre uguale: nascondere la sostanza dietro la forma. Non è grave il contenuto penalmente pesante delle mail della Clinton, ma grave è il fatto di averle divulgate da parte di un traditore “prigioniero politico”, E. Snowden, che si è rifugiato addirittura nell’aeroporto internazionale di Mosca. Non è la sostanza ad essere incriminata ma il fatto di “aver voluto denigrare” la Clinton. La cattiva morale vuole che quelle mail dovevano rimanere nascoste e il popolo non era tenuto a conoscerle. In quanto all’intromissione nelle elezioni del paese, solo il Guardian inglese (5 gennaio), ancora scocciato per l’intromissione proprio di Obama nel Brexit, ha ricordato puntualmente quante volte, quanti anni, in quale modo e in quale paese del mondo vi è stata profonda ingerenza degli Stati Uniti, anche armata. Come dire “chi la fa, l’aspetti”. Oppure del comportamento dei suoi amici neoliberisti europei, socialisti compresi, per esempio nell’ingerenza in Grecia. Vale la pena ricordare l’operazione Prism, rinnovata e più tecnologica dopo lo scandalo Echelon, programmi di sorveglianza elettronica, (ma non spionaggio e sue conseguenze!), esteso al mondo intero da Cia e Nsa,(sono state intercettate per anni telefonate, sms e mail del mondo intero, compresi di governi, politici, banche, industrie, privati, anche e soprattutto “amici”). Appena da ridere quello italiano ultimo dove prima o poi non c’entrano gli americani ma sicuramente Putin che non ci dormiva la notte per ascoltare le barzellette di Renzi. Oppure lo scandalo rivelato in “Wikileaks” dal giornalista e attivista australiano Julian Assange, “prigioniero politico”, per ritorsione, che vive da anni recluso nell’ambasciata ecuadoriana di Londra. In sostanza hanno svelato al mondo tutte le porcherie perpetrate, sottoscritte e documentate, dalle amministrazioni americane e europee nelle guerre sporche, “secretate” come affari, o segreti, di stato.

In fondo stanno dando al mondo lo spettacolo “democratico” e di basso livello politico per quello che sono realmente, sia i democratici che i repubblicani. Non bisogna dimenticare che i repubblicani, che fra l’altro hanno la maggioranza stizzosa sia al congresso che al senato, non hanno digerito, era palese durante la campagna elettorale, l’intruso Trump, vincitore anche contro il loro establishment, che da moralità. o mani grondanti di sangue,  non aveva nulla da invidiare ai democratici.( Basta pensare alla famiglia Bush). Questa è una incertezza, l’instabilità politica, ed un’inquietudine dirompenti per tutti.

Per esempio è rinato il senso dell’industrializzazione nazionale. Vedi le decisioni di Ford e le minacce doganali di Trump alla General Motors e alla Toyota che fabbricano veicoli in Messico a basso costo e vendono negli Usa. E’ la stessa capitolazione del sergente Marchionne con la Chrysler (che ha acquistato la Fiat). Altri seguiranno. Più in generale il ritorno delle grandi imprese in patria. Tocca anche noi e tutta l’Europa per bloccare le delocalizzazioni? Oppure il rafforzamento previsto del dollaro sulle altre monete mondiali, e in particolare sull’euro del cortile di casa, legato a forme produttive di autarchia, indicano previsione di ulteriori disastri delle economie EU? Questo previsto rafforzamento sta già indebolendo il bitcoin, nuova moneta e valuta di sostituzione del dollaro, puramente elettronica e in fase di sviluppo a livello mondiale.

Quale peso avrà la nuova, si fa per dire, gestione americana per esempio nelle prossime campagne elettorali francesi, tedesche e italiane (malgrado il blocco presidenziale e del Pd) del 2017?  Questa grande voglia di riprendersi i “propri giocattoli” dalle grinfie finanziarie internazionali e discutere di progresso di “prossimità”, che si nasconde dietro il termine “populismo”, appioppato anche al vincitore Trump, riuscirà a bloccare il nefasto neoliberismo? Questi “populismi” nascenti e già sviluppatisi porteranno a miglior consiglio la ferocia della troika di Bruxelles? Reggerà ancora la valuta euro, visto che il tasso medio di insolvenza delle obbligazioni ad alto rendimento che oggi è del 3,77 per cento nel 2017 raggiungerà un picco del 25 per cento?

Vi sarà, nei primi mesi sicuramente, qualche situazione da commedia dell’arte. Il primo voltagabbana, uomo di esperienza, lo statista Alfano:”bisogna pensare a un rientro della Russia”, anticipando Gentiloni, Hollande (poco interessato perché va via) e la Merkel. Le reti televisive e i “giornalisti” non potranno continuare per molto ad accusare e offendere Trump, (in fondo la mamma america), a sostenere i perdenti Obama-Clinton ancora onnipresenti. Sarà divertente individuare quando inizierà la capriola, solo per vedere a che momento ne riceveranno l’ordine.

Tutti i mass media padronali, strumenti di “addomesticazione” del popolo ai poteri forti tramite contenuti culturali “deboli” ricorrenti e anestetizzanti, continueranno a sbagliare tutto ed essere scoperti e individuati per quel che sono? L’inquietudine per la certezza della conoscenza di dati e informazioni veri che riguardino l’economia, la finanza, il lavoro (cioè il vero non-lavoro) fanno temere, rendendole sempre più contraddittorie, l’incapacità di molti a capire realmente cosa succede. Le cifre sono contraddittorie ad arte. Abbiamo visto che la “somministrazione” puntuale di informazioni confezionate non riscuote più un grande successo, anzi riduce il diritto all’informazione, di cui è inutile ribadire l’importanza preminente nelle nostre società, ne abolisce il senso di democrazia e ultimamente funziona da bastian contrario, malgrado “l’insistenza” scientifica. Si sovrappongono libertà di stampa, o di pensiero, e manovalanza intellettuale nella fabbrica dei prodotti padronali confezionati e di scopo “commerciali”. Prodotti ripetitivi e stanchi.

L’inquietudine per un anno che, per tutti gli aspetti sociali e di vita reale dei cittadini, si presenta in drammatica continuità e in acuità, (con:“le riforme vanno avanti”), uguale a quello precedente se non peggio già dai primi dati, eccetto per le banche, non può che tradursi in ulteriore sconforto.

Diciamo con certezza che la luce alla fine del tunnel, promesso da almeno dieci anni, non ci sarà.

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