Pillole dal mondo (5)

Tonino D’Orazio. 16 aprile 2018.

Come sbarazzarsi rapidamente del dollaro? Eppure l’importanza del dollaro in molte economie, comprese e soprattutto quelle dell’ex blocco sovietico è essenziale e generalmente sottostimata. Gli esperti del Club di discussione Valdaï (Sochi, fine ottobre 2017) e della Banca Euroasiatica di Sviluppo hanno evocato le possibilità di de-dollarizzazione dei paesi dello spazio postsovietico, pur riconoscendo il livello molto elevato di utilizzo di quella moneta. Hanno partecipato all’incontro 139 esperti e 32 paesi. Ovviamente l’Europa era assente, non deve aver ricevuto l’autorizzazione dagli Usa, nemmeno se si parlava anche di sottovalutare l’euro.

Per la Russia e gli altri membri dell’Unione Economica Euroasiatica (UEE) ridurre la dipendenza dal dollaro come bene rifugio è una questione di sopravvivenza, visto che tra 2014-2016 una gran parte dei risparmi in fondi esteri era aumentata in modo significativa. Il dollaro garantisce la stabilità del valore moneta in confronto agli alti tassi di inflazione di molti paesi.

Eppure una de-dollarizzazione avanza lentamente nel quadro dell’UEE, ma per una vera efficacia devono federarsi: il gruppo BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) insieme ad altri trenta paesi che ne stanno chiedendo l’inclusione e soprattutto con l’Organizzazione di Cooperazione di Shangai (OCS) che include oltre Russia, Cina e India, anche Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Pakistan, gran parte della Nuova Via della Seta. Cioè più di 3 miliardi di abitanti. Anche Russia e Cina sono pronte ad allontanarsi dal dollaro, preferiscono però rimpiazzare il dollaro e l’euro con uno “Scudo Euroasiatico” invece che con il rublo oppure lo yuan. Sembra il rovescio della medaglia della guerra commerciale iniziata.

 

Panico in Germania, ma non solo. La notizia, vera, che alcune grandi città europee, e soprattutto tedesche, di voler impedire nel futuro la circolazione delle auto diesel sta creando un cataclisma commerciale inizialmente in Germania. Tutti a vendere finché si può e ovviamente i prezzi crollano anche all’acquisto. Dopo Bmw anche Wolkswagen garantisce ai clienti, solo in Germania, in caso di interdizione alla circolazione dei vecchi diesel nelle grandi città, di “riprendersi” le vetture, a un prezzo medio. E’ una promessa stampata sui manifesti. Quelle nuove, Euro5, si vendono ormai solo con 30/40% di sconto. Un disastro.  Anche altre case automobilistiche hanno preso decisioni radicali. In Francia il calo nell’acquisto di un diesel quest’anno è del 40% e il gruppo Psa non è più il campione della minima emissione di CO2. Toyota ha confermato la sua decisione di non commercializzare più vetture diesel in Europa sin dalla fine del 2018, ma solo ibrida-benzina o elettriche. A parole anche la Fiat rinuncia. Se si pensa, in Italia, dei dieci anni di ritardo della Fiat sulle ibride o elettriche, altro che piano industriale nazionale su quel poco che già rimane. Il futuro elettrico non è alle porte, ha già superato la soglia e non per tutti. Si prospettano anni di grandi catarsi per il rinnovo di tutto il parco automobilistico a tutto vantaggio di chi arriva prima. Bisogna capire chi arriva prima senza scosse brutali, l’ecologia, la politica o i benefici dei costruttori.

La Turchia vuole invadere le isole greche. L’esercito greco è in allerta. Sebbene la Turchia sappia che le isole sono giuridicamente e storicamente greche, le autorità turche vogliono occuparle e turchificarle, presumibilmente per promuovere la campagna di annientamento dei greci, come fecero in Anatolia dal 1914 al 1923 e anche in seguito. Se si occupa una volta (Siria) lo si può sempre rifare, se impuniti. Sia l’Akp, il Partito per la giustizia e lo sviluppo, al potere in Turchia, e il Partito repubblicano del popolo (Chp), il suo principale oppositore, sono pienamente d’accordo ed è la convinzione che le isole greche occupino il territorio turco e che pertanto debbano essere riconquistate. Tale determinazione è così forte che i leader di entrambi i partiti hanno apertamente minacciato di inviare truppe nel Mar Egeo. Nel 2016, Erdogan affermò che la Turchia aveva “svenduto” le isole che “erano nostre” e che sono “a un tiro di schioppo” [dalla Turchia]. “Lì ci sono ancora le nostre moschee, i nostri santuari“, egli disse, riferendosi all’occupazione ottomana delle isole. Ne dovrebbero “recuperare almeno 18”. Né bisogna dimenticare la brutale aggressione e occupazione di Cipro nel 1974. Sono già in fase di attaccabrighe. Bella grana per l’onnipotente Nato. Alla povera Grecia manca solo il ritorno dei “colonnelli” per un nuovo nazionalismo.

La Cina, la Russia e l’India aumentano costantemente le loro riserve in oro. Il Fondo Negoziato in Borsa (FNB) cinese Bosera Gold ha attirato, come investimenti, alla Borsa di Shenzhen 553,8 milioni di dollari (450 milioni di euro) dall’inizio dell’anno, cifra record per un solo trimestre e per l’oro. (Agenzia Blomberg). La domanda di oro da parte di investitori cinesi, ma anche americani, riflette “una larga incertezza dei mercati, legata in parte ai rischi geopolitici” come le tensioni attuali nel mercato mondiale. (Blomberg). Trump aveva pubblicato una lista di importazioni cinesi con dazi al 25%. La Cina ha risposto tassando al 25% 106 categorie di prodotti americani (soia, vetture, prodotti chimici). Per ripicca Trump, due giorni dopo, ha chiesto un’altra lista di prodotti cinesi per 100 miliardi, perché la ritorsione cinese era “ingiusta”. La presunzione rasenta il ridicolo. In questa battaglia all’orizzonte di Titani, i metalli preziosi hanno un ottimo avvenire. Se Cinesi, Russi e Indiani incrementano in modo così metodico le loro riserve sicuramente gatta ci cova e la de-dollarizzazione avanza.

I deputati Olandesi hanno adottato un Disegno di Legge (76 contro 69) che prevede la soppressione del referendum consultativo. Era obbligatorio se presentato con 300.000 firme. Il 21 marzo, e potrebbe essere l’ultimo, ce ne sarà uno “sul potere dei servizi segreti”. Dal 1952 al 2015 sono stati organizzati solo due referendum, compreso quello (2005) che rifiutò la Costituzione Europea (che divenne poi il semplice Trattato di Lisbona). Nel 2016 gli Olandesi avevano dovuto rispondere “sì” o “no” all’accordo di associazione tra l’Unione e l’Ucraina. Vinsero i “no”, ma il governo lo trascino alla lunga fino a decidere unilateralmente di non poter rimettere in causa l’accordo tra Bruxelles e Kiev, anche gli americani che sostengono i nuovi nazisti, non volevano. E poi a che servirebbe un referendum popolare in un Regno, seppur costituzionale.

La democrazia è una cosa strana e scocciante se si vuole fare quel che si vuole. Sarebbe meglio abolire la nozione di voto (già tanto diluito nell’inutile parlamento europeo), anzi anche la democrazia però, facendo finta di ratificare ciò a cui siamo obbligati. In fondo l’Europa appare veramente ciò che sta diventando realmente, un regime malsano e autoritario. L’Europa non è la pace. E’ già la miseria e ci vuole poco a diventare una dittatura. Avevo già letto che “se il voto potesse cambiare qualcosa sarebbe già abolito da tempo”. Un po’ già ci siamo.

Si diceva qualche anno fa che i nostri salari e quelli cinesi si sarebbero alla lunga pareggiati con la globalizzazione, e che quest’ultima, anche se impoveriva i lavoratori in occidente aumentava però il numero complessivo dei lavoratori e del lavoro nel mondo (OIL). Verissimo, si inizia a tirare qualche somma. La rivista Forbes ha scoperto che le retribuzioni medie in Cina superano ormai quelle dei Paesi dell’Est Europa e si avvicinano moltissimo a quelle delle situazioni precarie da noi: il salario mediano nella regione di Shangai è di 1.103 dollari al mese, in quella di Pechino di 983 dollari e di 938 in quella di Shenzen, tre regioni che da sole hanno un numero di lavoratori manifatturieri superiore a quella dell’Europa occidentale. Dimostra altresì che la competitività si fa sul prodotto, sulla qualità, sull’innovazione, non abbattendo stupidamente i salari.

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