La rivoluzione Corbyn

La rivoluzione Corbyn

Tonino D’Orazio, 19 giugno 2017.

Come sempre mass media e stampa addestrata sono riusciti a non farci capire il perché della rimonta e della quasi vittoria di Corbyn e del Labour. In Gran Bretagna sono tornati i pericolosi socialisti, quelli del secolo scorso con idee che i neoliberisti pensavano di aver sconfitto con la guerra ai poveri e l’abolizione programmata dei diritti e dello stato sociale aiutati dalla loro contro figura, la troika di Bruxelles.

Infatti dal Labour ne viene fuori un grande programma di interventi pubblici e di nazionalizazioni, contro l’ossessione privatistica di tutte le destre e di parecchie “sinistre” deviate. Insomma qualcuno si è accorto che il pubblico è meglio del privato. E’ già una evoluzione culturale importante, quasi rivoluzionaria, cosa che in Italia non avverrà mai, data la consuetudine alla credulità del suo popolo. Finalmente il Brexit si colloca al di fuori delle imposizioni europee visto che queste ultime tifano a morte (dei poveri s’intende) affinché lo Stato diventi il più povero possibile e senza poteri (nemmeno la democrazia formale serve più); ceda i suoi soldi (tasse) all’economia (le banche e i gruppi finanziari); regali (loro lo chiamano cessione) i suoi gioielli ai soliti noti. I tedeschi hanno appena “comprato” tutti gli aeroporti greci, aspettando il resto che Tsipras regalerà loro per continuare a rimanere più indebitato possibile che mai. Non più in “nome dell’Europa”, che ormai sembra portare sfiga, (infatti da noi nemmeno i mass media lo dicono più), ma per il “bene della Grecia”.

Abbiamo quindi un Corbyn molto più sull’exit che sul remain. Anche durante la sua campagna elettorale aveva sostenuto che era meglio stare fuori dalla Ue, diversificando però l’approccio xenofobo delle destre sui problemi dell’immigrazione. Il salvataggio del sistema pubblico della sanità, (già avviato alla “privatizzazione” all’americana), la rinazionalizzazione dei trasporti, lo sviluppo di una vera strategia industriale nazionale,  la gratuità della scuola e dell’università, … hanno fatto breccia in tutta la Gran Bretagna (eccetto a Londra, sembra dai risultati elettorali).

Molti tentano di dare per scontato un ripensamento del Labour per il Brexit. Niente di più falso. Lo stesso Corbyn denuncia che “il feticcio europeo” (sue parole testuali) non ha fatto altro che impedire lo sviluppo di alcuni paesi a vantaggio di uno solo; impedisce ai governi di intervenire soprattutto nella sfera sociale e ostacola il controllo del mercato del lavoro attraverso l’abolizione dei contratti collettivi, diffondendo “l’uso senza scrupoli del lavoro interinale e del finto lavoro parasubordinato“.

La forza della sua vittoria sta nell’aver sconfitto il blando “socialismo” (se cosi si può dire) blairiano e riportato il Labour alla sua caratteristica storica, con il suo rifiuto della socialdemocrazia. In più ha dimostrato che la Ue è il principale ostacolo alle politiche sociali e di sviluppo.  Sembra poco?

Invece rappresenta un tassello importante della sconfitta delle destre e una maturità rinnovata del popolo. I britannici non amano le “scommesse” politiche di affondo.  Ci ha provato Cameron e gli è andata bene/male (ancora non si è capito) con la Brexit.   Anche la May ha azzardato una campagna elettorale anticipata, (pensando di stravincere e fare il comodo suo) e adesso è il Primo ministro di “un governo morto che cammina”. Quindi non vi è certamente un ripensamento di Corbyn sulla Brexit, ma piuttosto l’inizio di una possibilità di ritornare a fare politiche sociali, salvandole dalla devastazione neo liberista. E questo, i mass media embedded non possono permettersi di farlo notare, e nemmeno di sopportarlo.

Certamente  Corbyn ha dovuto eliminare i giovinastri blairiani che infestavano ancora il Labour (basta ricordare la fronda dei parlamentari contro la sua vittoria a Segretario del partito) e riprendere un discorso serio con le Trade Union. In verità ha dimostrato che più si cerca di vincere con l’adozione dei valori degli avversari più si perde di credibilità e si rinuncia ai propri. Cosa può attrarre in un partito che striscia, e che si propone come uno zerbino politico, offrendosi agli interessi più potenti ? Si può vincere una battaglia ma, prima o poi, la guerra è perduta di sicuro, è una questione di tempo, di sopravvivenza, o si passa a destra per disperazione o si impedisce il voto libero e popolare il più possibile.

Molti pensano che Blair abbia perso per l’impegno mendace dell’intervento in Iraq ma dimenticano i danni sociali: la mercificazione della sanità; il via libera alle avventure della finanza privata; la criminalizzazione della protesta pacifica; la collusione nel rapimento e la tortura dei dissidenti di altre nazioni; l’eliminazione dell’edilizia popolare. Insomma nulla di “progressista”. E dopo di lui Miliband, con una vera ossessione conservatrice per il deficit, (con la promessa  di “tagliare il deficit ogni anno”), e l’austerità subordinando ad esse la politica del lavoro, dimenticando, imperdonabile per un socialista, che l’austerità è una truffa (Krugman).

Ed ecco Corbyn, (che somiglianza con il programma dell’americano Sanders!), con Il compito di ricostruire i valori del partito, riappropriarsi del dibattito democratico, tirare il centro verso la sinistra e il cambiamento. Riaccendere la speranza dei più indifesi  per una giustizia sociale certa. Forse anche salvare il Pse dalla storica debacle annunciata in tutta Europa, se ancora possibile, visto che si è perso più di un terzo di secolo e nemmeno i socialdemocratici tedeschi reggeranno.

E’ passato questo messaggio?